In "Julius Caesar", Pindarus è lo schiavo e messaggero di Cassio che riporta erroneamente che lo scout di Cassio è stato ucciso dall'esercito di Antonio. Cassius decide di uccidersi con l'aiuto di Pindaro, impostando il suo schiavo libero e ordinando di tenere la spada in modo che Cassio possa impalarsi su di esso.
Sebbene Cassius sia il maestro di Pindaro, Pindarus tuttavia si addolora per la sua morte prima di fuggire da Roma ed uscire dal gioco. Pindaro è direttamente responsabile della morte di Cassius; Lo scout di Cassius Titinius non viene ucciso ma viene accolto invece da Bruto, le cui forze sono riuscite contro Triumvir. Cassius muore capendo che questa è una forma di vendetta karmica contro di lui per l'aiuto nell'assassinio di Cesare, poiché la spada che Pindarus brandisce è la spada usata da Cassio contro Cesare.
L'errore di Pindaro porta a un'altra tragica morte. Titinio, tornando a Cassio, vede la carneficina, capisce l'errore di Cassio e si uccide nel dolore. Bruto ritorna e piange la morte dei suoi amici, in particolare Cassio, prima di annunciare un altro assedio contro Antonio.
La morte di Cassius è anche un veicolo per l'ironia. Ha erroneamente interpretato i portenti come avvertimenti sul pericolo rappresentato da Caesar piuttosto che rendersi conto che si riferiscono alle sue azioni. Egli inoltre contraffa le richieste di aiuto contro Cesare e consente a Bruto di crederle genuine, manipolando le sue preoccupazioni.