Durante la seconda metà del 1800, potenti uomini d'affari americani, come John D. Rockefeller, Jay Gould, Andrew Carnegie e JP Morgan, erano spesso visti come "ladri di ladri" a causa della loro presunta immorale accumulazione di ricchezza attraverso affari monopolistici pratiche. I recenti esami di questi potenti magnati commerciali, iniziati nel XX secolo, hanno iniziato a promuovere la visione degli "uomini di stato industriali". I nuovi scritti fornivano una prospettiva più equilibrata che poneva una maggiore attenzione ai contributi di questi individui all'economia americana, alle loro innovative strategie di espansione del business e ai loro considerevoli contributi filantropici e dotazioni.
Dopo la Grande Depressione, alcuni storici degli affari americani, come Allan Nevins, iniziarono a pubblicare riesami sulla vita e le imprese dei magnati aziendali della fine del 1800. Nevins, nel suo lavoro in due volumi del 1940 "John D. Rockefeller: The Heroic Age of American Enterprise", sfidò la prospettiva precedente sostenendo la nuova visione dello statista industriale e applicandola a uno dei più noti baroni dei ladri. Nevins ha affermato che le pratiche commerciali di Rockefeller non dovrebbero oscurare i suoi risultati nel portare stabilità al mondo spesso caotico del commercio americano post Guerra Civile e al ruolo che ha svolto nell'aiutare gli Stati Uniti a diventare un leader economico.
La visione di Nevin è in contrasto con la prospettiva di Matthew Josephson, che in precedenza aveva reso popolare il termine "ladro di ladri" in un libro del 1934 sui capitalisti americani. La visione di Josephson era che individui come Rockefeller coltivavano le loro fortune ingiustamente, immoralmente e non eticamente. Questo tipo di valutazione critica delle grandi imprese non era raro durante il periodo della Grande Depressione.